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C'è una vita dopo l'oro nero

di Sergio Nazzaro

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28 settembre 2009

L'Agenzia internazionale delle energie rinnovabili (Irena) ha designato come sua sede permanente Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti. L'Irena, costituita il 26 gennaio del 2009 a Bonn in Germania, in sei mesi ha concluso la sua fase preparatoria. Il 29 giugno scorso, a Sharm Al Shaikh, la designazione ufficiale di un paese emergente come gli Emirati Arabi, per ospitare un organismo internazionale. Battendo gli altri due paesi in lizza, Germania e Austria. Bonn ospiterà il centro dell'innovazione e della tecnologia nel campo delle energie rinnovabili, mentre Vienna ospiterà gli uffici di collegamento con altre organizzazioni attive nel campo d'azione di Irena.

L'assegnazione marca una duplice intenzione: da una parte il mondo occidentale vincola i paesi in via di sviluppo a un impegno concreto nelle energie rinnovabili e dall'altra sottolinea la forte volontà degli Emirati Arabi, di porre le energie rinnovabili in cima alla lista delle loro priorità. La sede dell'Irena sarà infatti a Masdar City, la prima città al mondo a emissioni zero in via di costruzione vicino ad Abu Dhabi. Una città avveniristica, alimentata solo da energia pulita. La fine del petrolio è stata predetta più e più volte. Abu Dhabi e Dubai ne hanno fatto un fattore di rinnovamento primario. Presto finiranno le risorse petrolifere, e l'economia avrà bisogno di nuovi fattori di sviluppo. Da questa necessità impellente, la visione di essere precursori e diventare produttori di energia pulita, tanto quanto lo sono stati di petrolio.

Nel 2006, con il Living Planet Report del Wwf, gli Emirati scoprono di essere, anche più degli Stati Uniti, una popolazione che ha un'impronta profondamente negativa sull'ecosistema mondiale. Sono al primo posto. Una sorpresa amara, ma anche uno shock. Habiba al-Marashi del Emirates Enviromental Group vede nel rapporto delle lacune, quando non si ricorda che gli Emirati non hanno nessuna cintura verde che possa aiutare la diminuzione di emissioni. Sabbia e mare non aiutano. Le foreste volute dal precedente Presidente degli Emirati, Zayed, non solo non sono cresciute come si sperava, e oggi rappresentano uno spreco per la loro irrigazione continua. Eppure Jonathan Loh, biologo inglese e co-autore del rapporto ravvisa l'assurdità di creare piste da sci in pieno deserto.

Da una parte una conformazione naturale povera, dall'altra Suv e schizofrenie della modernità. Lo sceicco regnante di Dubai, Mohammed bin Rashid Al Maktum, quando ordina la realizzazione delle celebri palme, impone solo l'utilizzo di sabbia e roccia, portando la sfida ingegneristica molto più in là di quanto si fosse mai tentato prima. Si trasforma il volto delle città, cercando di rispettarne l'identità.

Gli Emirati hanno avuto l'appoggio incondizionato degli altri paesi, anche dell'Italia, per diventare sede dell'Irena. Non è pensabile che non ci siano stati scambi che abbiano pesato sul piatto della contrattazione, ma è indubbia la volontà di spingere gli sceicchi più moderni del Golfo a essere precursori e guida per tutta l'area. Il loro esempio, ha fatto sì che lo sviluppo immobiliare raggiungesse l'Oman, influenzasse India, Giordania, Egitto. Un effetto a catena, attraverso una saggia operazione di marketing, che si spera possa ripetersi oggi. Educare da subito i paesi vicini all'energia pulita, perché a fronte di una diffusa crescita economica c'è la presa di beneficio sulla terra in cui si vive. Queste le prospettive e le speranze, che si scontreranno con fattori negativi già in essere. In primis la fiducia degli investitori, messa duramente alla prova dalla crisi finanziaria e da un sistema legale con molte pecche. Masdar City è un cantiere a cielo aperto. Si muovono i primi timidi lavori. Certamente c'è una maggiore pressione internazionale, ma chi acquisterà o aprirà fabbriche a Masdar City? Non molti si fidano del sistema Real Estate emiratino. E se questa fiducia non verrà ripristinata, c'è il serio pericolo che l'Irena sia una cattedrale nel deserto. Inoltre c'è un problema squisitamente filosofico. Anzi della filosofia del vivere. Dubai e Abu Dhabi hanno richiamato a gran voce stranieri nelle loro terre con la promessa di una vita lussuosa, agiata, facile. Come sposare questo vecchio merchandising, con le energie rinnovabili? Da una parte i ricchi con Suv, aerei privati, piscine installate in grattacieli sempre più alti, dall'altra nessuna forma di raccolta differenziata, sistemi fognari inadeguati, condizionatori d'aria sempre accesi e grattacieli di trecento metri tenuti a 15 gradi.

L'idea che il lusso non incida sul pianeta è una bella sfida. Anche di idee innovative. Eppure Dubai e Abu Dhabi hanno messo gomito a gomito moschee e chiese, musulmani e cristiani. Hanno raccolto oltre 200 diverse nazionalità in un paese di poco meno di 10 milioni di abitanti. Una sfida di convivenza e di rispetto reciproco fortissima. E oggi, per tutte le nazionalità presenti, le energie rinnovabili possono essere un ulteriore fattore che accomuna. La visione di una possibilità: essere ricordati piuttosto che per le Palme artificiali o il lusso smodato, per aver indicato la strada della sostenibilità futura.

28 settembre 2009
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